Il Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n.42

Codice dei beni culturali e del paesaggio L’Istituto giuridico della “Notifica”

 

 “In attuazione dell'articolo 9 della Costituzione, la Repubblica tutela e valorizza il patrimonio culturale.[…] La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura.” 

 

 I beni culturali che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni, sono sottoposti alla verifica della sussistenza dell'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico da parte di competenti organi del Ministero, sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero medesimo al fine di assicurare uniformità di valutazione.  

La Dichiarazione dell'interesse culturale accerta la sussistenza, nella cosa che ne forma oggetto, dell'interesse sopra citato. Mentre il procedimento è avviato da un soprintendente, la dichiarazione dell'interesse culturale è adottata dal Ministero e notificata al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto, tramite messo comunale o a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento.  Avverso il provvedimento conclusivo della verifica o la dichiarazione è ammesso ricorso amministrativo al Ministero, per motivi di legittimità e di merito, entro trenta giorni dalla notifica della dichiarazione.  Il Ministero, la regione o gli altri enti pubblici territoriali interessati hanno il potere di intervenire nelle alienazioni a titolo oneroso e nei conferimenti di beni culturali di proprietà privata in società, esercitando il diritto di prelazione, al medesimo prezzo stabilito nell'atto di alienazione o al medesimo valore attribuito nell'atto di conferimento.

 L’Istituto giuridico della “Notifica”

 

 

 “Il controllo sulla circolazione internazionale è finalizzato a preservare l'integrità del patrimonio culturale in tutte le sue componenti e, […] con riferimento al regime della circolazione internazionale, i beni costituenti il patrimonio culturale non sono assimilabili a merci.” È vietata l'uscita definitiva dal territorio della Repubblica di gran parte dei beni culturali mobili oggetto di dichiarazione. L'interessato ha tuttavia l'onere di comprovare al competente ufficio di esportazione che le cose da trasferire all'estero sono opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni, secondo le procedure e con le modalità stabilite con decreto ministeriale.  Può essere autorizzata l'uscita temporanea dal territorio della Repubblica delle cose e dei beni culturali, per manifestazioni, mostre o esposizioni d'arte di alto interesse culturale, sempre che ne siano garantite l'integrità e la sicurezza. Non possono comunque uscire: i beni suscettibili di subire danni nel trasporto o nella permanenza in condizioni ambientali sfavorevoli e i beni che costituiscono il fondo principale di una determinata ed organica sezione di un museo, pinacoteca, galleria, archivio o biblioteca o di una collezione artistica o bibliografica.  Chi intende far uscire in via definitiva dal territorio della Repubblica i beni di interesse culturale deve farne denuncia e presentarli al competente ufficio di esportazione, indicando, contestualmente e per ciascuno di essi, il valore venale, al fine di ottenere l'attestato di libera circolazione. Avverso il diniego dell'attestato è ammesso, entro i successivi trenta giorni, ricorso al Ministero, per motivi di legittimità e di merito.  La Notifica è un istituto conforme con i principi costituzionali di “tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione” Costituzione), in quanto impedisce la fuga dei capolavori italiani all’estero.

 

L’indagine: Gli impatti economici della Notifica nell’arte Italiana

 

Dall’indagine condotta dai Monte dei Paschi di Siena  rileva che il 97,7% (in linea con il 78,6% della precedente edizione) degli intervistati ritiene che la “Notifica” funga da deterrente per i collezionisti, i quali eviterebbero di prestare o esporre le proprie opere nel timore che queste vengano poi dichiarate di interesse culturale e quindi penalizzate nella commercializzazione e nella loro valorizzazione. Tale indicazione era già ampliamente emersa anche nella precedete indagine (78,6% vs 21,4%).

Va precisato che l’attuale normativa supera l’impropria formulazione del concetto di “Notifica” espresso nella “Legge Bottai”, distinguendo tra attività di accertamento dell’interesse e la successiva comunicazione (Notifica in senso stretto): è dunque più corretto parlare di “beni dichiarati d’interesse culturale” che di “beni notificati”. L’opportunità della “dichiarazione d’interesse culturale” come strumento di tutela del patrimonio artistico Quanto vale un’opera “notificata”? Per quanto riguarda invece le opere di fascia media, il 58,1% (in linea con il 56,0% dell’anno precedente) dei rispondenti vede nella Notifica di opere dal mercato locale una sorta di certificazione di valore da parte dello Stato, ammettendo possibili effetti positivi sui prezzi, mentre il restante 41,9% del campione ritiene alternativamente che

1) il mercato sia di per se efficiente nella

determinazione del valore,

2) l’atteso incremento del valore resta comunque inferiore al costo della “certificazione” dell’opera

stessa,

 3) mancando un registro ufficiale e condiviso delle opere notificate, tale “certificazione” non può trasferirsi nel valore.

 Il controllo sulla circolazione internazionale è finalizzato a preservare l'integrità del patrimonio culturale in tutte le sue componenti (d. leg. 42/2004). La limitazione di trasferimento fa sì che le opere “notificate” vengano tagliate fuori dal mercato internazionale, ciò conduce ad un’inevitabile svalutazione del valore dell’opera stessa.

Anche nella presente indagine, la maggioranza del campione (82% vs 90,3% della scorsa edizione) ritiene che la “Notifica” abbia un impatto economico sulle opere di fascia elevata. Ben il 27,5% ritiene che l’impatto sia superiore al 40% del valore, mentre solo il 17,6% (10,7% scorsa edizione) ritiene che tale impatto sia nullo. A prescindere dall’entità di tale svalutazione, è indubbio che il mercato (sia nella componente dei collezionisti che in quella degli studiosi) attribuisce un effetto negativo all’applicazione della “dichiarazione di interesse culturale”. Questa percezione diffusa si traduce inevitabilmente in una reale debolezza del mercato dell’arte italiano. Se i principi teorici che ispirano l’istituto della Notifica sono in gran parte condivisi, viene unanimemente bocciata l’applicazione dello stesso negli anni. Emergono, altresì, considerazioni sulla mancanza di criteri oggettivi sanciti per legge per stabilire se un’opera meriti o meno la Dichiarazione di interesse culturale e quindi il divieto di espatrio. L’88,1% del campione indagato dal Monte dei Paschi di Siena (perfettamente il linea con l’84,5% dello scorso anno) ritiene che la dichiarazione è segnata da un elevato grado di discrezionalità sia a livello di sovraintendenze che a livello di ministero. Una volta accertato l’interesse culturale (ma i margini discrezione sono troppo ampi tra le sovraintendenze), il ministero non potrebbe astenersi dal dichiararlo. In realtà l’accertamento implica sempre un livello di opinabilità e la mancanza di un registro condiviso impedisce la formazione di una prassi condivisa da seguire *.

 

Oltre alle critiche riguardanti la discrezionalità lasciata alle Sovraintendenze, si rileva il bisogno di istituire un organo competente e preparato al quale poter far ricorso, che non sia il Tribunale Amministrativo come previsto da Decreto. I Giudici amministrativi non sono, infatti, tenuti ad essere preparati in materia d’arte e normalmente non contrastano le decisioni del Ministero dei Beni Culturali.