Opere d'arte false: Posso avere un risarcimento?

Quella delle opere falsificate è una vera piaga del mercato dell'arte. Negli ultimi anni ho esaminato tantissime opere false,soprattutto di artisti molto noti,tra questi cito De Pisis, Modigliani, Mirò, Picasso, alcune finemente elaborate altre delle "croste" evidenti. Il primo consiglio che posso darvi è far esaminare le opere ad un perito prima di procedere attraverso Fondazioni e Archivi visto i costi dell'iter per il rilascio del certificato di autenticità. Potreste, infatti trovarvi di fronte al fatto di aver speso tanti soldi e avere un quadro rifiutato, sostanzialmente invendibile. Secondo consiglio: diffidate di opere d'arte vendute a buon prezzo, chiedete una consulenza prima dell'acquisto. Terzo consiglio chiedete sempre tutta la documentazione scritta delle opere che comprate, siano perizie, expertise o certificati di autenticità. Se tuttavia vi trovate nella condizione di aver già subito queste vicende vi consiglio di leggere il seguente caso di scuola: Un De Pisis falso, collezionista risarcito. Un collezionista ha comperato a un’asta televisiva un'opera di de Pisis ed ha gelosamente custodita come meriterebbe ogni opera importante, salvo poi scoprire che non era affatto autentico. Il giudice gli ha dato ragione: L'asta televisa dove l'aveva comprata dovrà restituirgli l’intero valore del quadro, a cui vanno sommati rivalutazione monetaria e più di 5.000 euro tra spese di giudizio e compensi professionali. Sebbene al centro della vicenda vi sia un collezionista ravennate, il protagonista del caso è senza dubbio l’opera in questione. Al secolo “Vaso di fiori sul tavolo”, un olio su cartone, 51x40 cm attribuito al ferrarese Filippo de Pisis, uno dei maggiori pittori della prima metà del Novecento. Il giudice, in questo caso, ha quindi ordinato la risoluzione del contratto tra acquirente e venditore, tuttavi la casistica è molto ampia e deve essere valutata con molta cura. Ma in tanto buio esistono spiragli di luce.

Eredità contesa: chi eredita la casa acquisisce i beni al suo interno.

L’eredità di Enrico Baj ha segnato un passo importante in materia di diritto ereditario.

Preciso che Baj fu protagonista delle avanguardie degli anni Cinquanta e Sessanta accanto a Fontana, Jorn, Manzoni, Klein, inoltre, ebbe intensi scambi con Max Ernst, Marcel Duchamp, E. L. T. Mesens, e altri artisti del gruppo CoBra.

L’artista visse e si ispirò al Nouveau Réalisme, al Surrealismo e la Patafisica. Nel 1951 Baj con Dangelo e Dova fonda a Milano il "Movimento Nucleare". Dopo tre anni, nel 1954, in opposizione alla sistematica ripetitività del formalismo stilistico, diede  vita con Asgern Jorn al "Mouvement International pour une Bauhaus Imaginiste”, il cui impegno muoveva contro la forzata razionalizzazione e geometrizzazione dell'arte.

L’arte del nostro artista è l’esplorazione  dello smembramento delle forma per esprimere la deflagazione della materia dell’immagine ed  è proprio per questa continua ricerca che alcuni critici lo collocano nell’ ”olimpo” dei grandi artisti del Novecento. Ciò detto ritorniamo al fatto:  Baj si spegne nel 2003.

Alla  morte il suo appartamento con diverse opere  passano ad una nipote. Inizia qui la lunga querelle poiché alcuni quadri erano stati regalati da Baj ad una zia, in seguito alla sua morte e a quella del marito, i quadri erano tornati all’artista. Così l’erede di questi zii deceduti ne aveva chiesto la  restituzione alla nipote del de cuius.

Le parti non essendo giunte ad un accordo procedevano per vie legali, così fino a sentenza.In questa sentenza viene esaminata  la problematica relativa al significato da attribuire all'espressione, oggetto di una eredità, che attribuisce ad un erede l'abitazione del de cuius "con i mobili in esso contenuti".

La Corte d'Appello di Milano ha accolto una nozione di "beni mobili" che possiamo definire "parziale", ritenendo in particolare che i quadri sarebbero "arredi", come tali non compresi nella definizione di "mobili” oggetto dell’ ereditàLa motivazione della Corte suprema chiarisce che: “Con il primo motivo di ricorso la ***** lamenta violazione dell'art. 812 c.c. e vizio di motivazione, lamentando che la Corte ambrosiana abbia escluso che il testamento ***** costituisca valido titolo di acquisto dei quadri (opere d'arte). La corte è pervenuta a tale affermazione, sebbene il testamento destini alla ***** l'abitazione del de cuius "con i mobili in esso contenuti", assumendo che le opere d'arte ***** sarebbero "arredi", come tali non compresi tra i "mobili" oggetto del lascito. Per sostenere questa interpretazione, la Corte trae spunto da due elementi: a) il fatto che dai mobili sia stata esclusa, in quanto destinata ad altro nipote, la libreria del corridoio; B) l'esistenza di una lettera del pittore, datata 6 settembre 1983, nella quale questi faceva riferimento ai quadri regalati dalla mamma alla zia *****, che la propria sorella ***** stava "ritirando a nome della mamma".

Secondo l’articolo 812 del codice civile: “. Sono beni immobili il suolo, le sorgenti e i corsi d’acqua, gli alberi, gli edifici e le altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo.

Sono reputati immobili i mulini, i bagni e gli altri edifici galleggianti quando sono saldamente assicurati alla riva o all’alveo e sono destinati ad esserlo in modo permanente per la loro utilizzazione (Cod. Civ. 1350).

Sono mobili tutti gli altri beni (Cod. Civ. 923, 1153).”

Per  l’art. 812 c.c.  il concetto di  beni mobili è onnicomprensivo e nella questione in esame nell’espressione “mobili” riferita ai beni che corredano un'abitazione, non autorizza di per sè ad escludere parte di essi, qualunque ne sia il valore, essendo comprensiva, anche nel lessico comune, di quadri, oggetti e arredi in genere.

La diversa ipotesi affacciata dalla Corte territoriale è quindi smentita sia dal testo normativo, sia dal senso proprio delle parole usate.  A tal punto la citata circostanza che una libreria sia stata donata a un altro parente non rileva.In conclusione: non è possibile, ove si parli di beni mobili, quando questi siano trasmessi per eredità, escluderne taluni ove non vi sia un'indicazione in tal senso del de cuius e  nulla rileva il fatto che si tratti di beni di rilevante valore .(Cassazione n.19823/09).

Sottolineo che Enrico Baj è stato un pittore, scultore, incisore di raffinata cultura, riconosciuto dalla critica e dal “mercato”, ma ciò in sede giuridica non poteva essere considerato o almeno così è stato.